Technology assessment declaration in Italian

LA SOCIETÀ CIVILE CHIEDE VALUTAZIONE DEGLI IMPATTI DELLE TECNOLOGIE NELL'AMBITO DI UN ACCORDO A COPENHAGEN

Il trasferimento di tecnologia è uno dei quattro temi principali che

verranno discussi nel corso dei negoziati sulle azioni di cooperazione
per il lungo termine a Copenaghen (gli altri sono mitigazione,
adattamento e finanziamenti). Il testo negoziale preliminare contiene
diverse misure volte ad accelerare la diffusione di nuove tecnologie.
Con ogni probabilità i negoziati si tradurranno in un "piano d'azione"
e in un nuovo "organismo" di gestione delle tecnologie, che dovrà
coordinare diversi pannelli tecnici e/o centri di innovazione, e che
avrà grande influenza negli anni a venire sul tipo di sostegno
politico e finanziario che le nuove tecnologie riceveranno. In questo
quadro, è di grande importanza riuscire a fare in modo che siano le
tecnologie appropriate e benefiche a ricevere il necessario sostegno,
e non quelle pericolose o dannose. Questo non può avvenire senza una
valutazione approfondita ed adeguata degli impatti ambientali e
sociali di ogni nuova tecnologia.

Noi, gruppi della società civile e movimenti sociali di tutto il
mondo, comprendiamo l'urgenza di trovare soluzioni reali e durature
alla crisi dei cambiamenti climatici, di cui riconosciamo le
conseguenze potenzialmente drammatiche che si verranno a
materializzare se tali soluzioni non saranno raggiunte. E il modo di
affrontare questa crisi passa attraverso la riduzione delle emissioni
dei gas serra.

Alcune aziende, individui ed anche alcuni governi stanno alimentando
panico e impotenza, al fine di promuovere, come "la nostra unica
alternativa", l'adozione di tecnologie immature o non testate. Noi non
vogliamo assistere alla proliferazione di tecnologie potenzialmente
pericolose, senza considerarne i possibili impatti sociali e
ambientali. Alcune di queste tecnologie, promosse per la loro supposta
capacità di catturare il carbonio o di manipolare i sistemi naturali,
potrebbero avere conseguenze disastrose per la società e per
l'ambiente. È bene anche ricordare che tecnologie che potrebbero
essere utili in certi contesti possono essere dannose in altri.

In molti casi, le soluzioni per affrontare i cambiamenti climatici
sono a portata di mano, e non richiedono l'adozione di nuove
tecnologie complesse ed avanzate, ma piuttosto l'adozione di decisioni
consapevoli, e di politiche climatiche volte a ridurre la nostra
"impronta ecologica". Molti popoli indigeni, ad esempio, o comunità
agricole, utilizzano tecniche tradizionali comprovate ed efficaci, con
cui fanno fronte agli impatti dei cambiamenti climatici. Ignorare
pratiche locali esistenti ed adatte al loro contesto socio-ambientale,
al fine di promuovere solo nuove tecniche "moderne" e proprietarie,
non ha senso.

Tecnologie che siano valutate come socialmente ed ecologicamente
sicure possono e devono essere scambiate reciprocamente. Le regole
della proprietà intellettuale non devono rappresentare un ostacolo.
Tuttavia, alcune delle tecnologie che sono promosse come "sicure per
l'ambiente", hanno prevedibili impatti negativi, sia sociali che
ambientali. Ad esempio:

* L'energia nucleare comporta noti pericoli per la salute umana e
l'ambiente, nonché un potenziale enorme prericolo per la
proliferazione delle armi nucleari

* Piantagioni di alberi e piante per la produzione di bioenergia e di
agrocarburanti possono provocare la rimozione forzosa di contadini e
comunità indigene, come pure la distruzione di ecosistemi ad alta
densità di carbonio, accelerando così i cambiamenti climatici

* Pratiche agricole basate su piante ed alberi geneticamente
modificati, l'uso di prodotti agro-chimici e di fertilizzanti
sintetici, monocolture e allevamento di bestiame su scala industriale,
aumentano i rischi collegati ai cambiamenti climatici, alla salute
umana e alla biodiversità.

Interventi tecnologici intenzionali e su larga scala negli oceani,
nell'atmosfera e nel suolo (geoingegneria) potrebbero ulteriormente
destabilizzare il sistema climatico e causare un impatto devastante
sui paesi lontani da quelli che prendono le decisioni.

* La fertilizzazione dell'oceano ha il potenziale per distruggere gli
ecosistemi marini e modificarne la catena alimentare.

* L'iniezione di solfati nella stratosfera potrebbe causare siccità
estese nelle regioni equatoriali, causando carestie e peggiorando le
crisi alimentari.

* Il cosiddetto "biochar" non si è dimostrato un efficace metodo di
cattura del carbonio e/o di miglioramento del suolo, eppure è
fortemente promosso da certi interessi economici.

È probabile che a Copenhagen venga creato un nuovo organo internazionale
che abbia la responsabilità di coordinare  lo sviluppo e la diffusione di
tecnologie "climatiche", e a cui saranno assegnati nuovi fondi. Eppure
ad oggi non vi è menzione, nei documenti negoziali, della necessità di
valutare gli impatti sociali, economici e ambientali di queste
tecnologie (che hanno spesso una portata transfrontaliera), o della
necessità di considerare il punto di vista di gruppi e comunità che ne
subiranno le consueguenze, come le donne, i popoli indigeni, contadini
e pescatori.

Il principio di precauzione richiede una valutazione accurata delle
tecnologie prima, non dopo, che i governi e le agenzie
intergovernative comincino a finanziarne lo sviluppo, e a cooperare
per la loro diffusione. Esiste un precedente nel diritto
internazionale: il Protocollo di Cartagena sulla Biosicurezza,
ratificato da 157 paesi, che attua tale principio nell'ambito degli
organismi geneticamente modificati. È fondamentale prevedere procedure
di consultazioni pubbliche nazionali e internazionali, promuovendo in
particolare la partecipazione di quelle comunità che possono essere
direttamente interessate dall'applicazione delle nuove tecnologie. La
gente deve poter esercitare la facoltà di decidere quali tecnologie
accettare, e deve essere libera di respingere quelle che possano
produrre danni sociali e/o ambientali.

Pertanto chiediamo che siano previste ed applicate a livello
internazionale procedure chiare e coerenti su tutte le nuove
tecnologie legate ai cambiamenti climatici. Gli Stati presenti alla
Conferenza sui cambiamenti climatici (COP 15) devono garantire
l'adozione di meccanismi precauzionali di valutazione che siano
rigorosi, e che abbiano carattere giuridicamente vincolante, in modo
tale che i rischi, i potenziali impatti, e l'appropriatezza di queste
nuove tecnologie, possano essere valutate in maniera adeguata e
democratica, prima della loro diffusione. Ogni nuovo organo per la
valutazione e il trasferimento di tecnologia deve avere una
rappresentazione equa, sia geografica che di genere, e deve inoltre
facilitare la piena consultazione e partecipazione di contadini,
popoli indigeni e comunità locali potenzialmente interessate.

 

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